Pubblicato su politicadomani Num 87 - Gennaio 2009

Università di Salerno
E-learning per superare il “divide”

Nel Dipartimento di Sociologia e scienza della politica, abbiamo incontrato il Prof. Vittorio Dini, Direttore del Dipartimento, e Paolo Diana. L’intervista con il giovane ricercatore è illuminante su come la cultura e la formazione universitaria siano patrimonio del Mezzogiorno d’Italia e strumento imprescindibile per il suo sviluppo

 

24 insegnamenti, 14 corsi di laurea, 8 facoltà. Sono questi i numeri dell’insegnamento a distanza, cosiddetto “e-learning”, presso l’Università di Salerno, uno splendido campus in quel di Fisciano, fra Salerno e Avellino.
Il progetto, finanziato anche dal Fondo Sociale Europeo (P.O.R. Campania 2000-2006), ha come scopo, dice l’UE, “l’utilizzazione di nuove tecnologie multimediali e Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento e per ridurre le disparità e le disuguaglianze tra gli individui”; il progetto “è orientato in senso pedagogico”; la formazione “è un processo sociale che dovrebbe favorire l’interazione e la collaborazione tra le persone”, implicando in ciò un “cambiamento nell’organizzazione”.
Paolo Diana, ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica dell’Università, insegna Metodologia delle Scienze Sociali, e con Bianca Arcangeli ha sviluppato il corso in modalità e-learning. Un percorso - a cui i dati dell’Osservatorio della Università sulla performance degli studenti iscritti sono stati di supporto - fatto di successivi aggiustamenti, sperimentazioni, verifiche, durato oltre sei anni, e che è proposto nella sua completa funzionalità da questo anno accademico 2008-09 insieme ad altri corsi….Tutto il corso di laurea da questo anno accademico è on line http://www.lettereonline.unisa.it/Sociologia_online/index.php

Ci spieghi meglio come l’e-learning viene usato in questa università e, nello specifico, nel suo Dipartimento.
Esistono diversi livelli di e-learning: di base, collaborativo, avanzato. Qui, avendo scelto di porre lo studente al centro della didattica, abbiamo optato per il livello collaborativo. Si tratta di una didattica di qualità volta a superare le difficoltà che incontrano gli studenti che si iscrivono all’università. Attenzione quindi non solo alla qualità dei contenuti ma anche ai percorsi didattici, e alle forme comunicative impiegate per trasmetterli e permettere agli studenti di farli propri. Le strategie e i metodi sono diversi a seconda del percorso (laurea triennale o specialistica).
Nel corso di laurea in Sociologia (la cui scelta viene spesso ritenuta un “ripiego”), il livello culturale di ingresso è basso: gli studenti hanno difficoltà di lettura e di scrittura, sono privi di specifiche conoscenze di base e di adeguati metodi di studio. L’università accoglie studenti dalle province di Avellino, di Salerno, da alcune zone della Calabria e della Basilicata. Molti studenti provengono da aree interne e da città piccole e mal collegate. Molti sono studenti lavoratori che non potrebbero frequentare nelle normali ore di lezione. Questo cumulo di fattori porta a un tasso di abbandono, fra il primo e il secondo anno, pari al 42% (dati SEDA UNISA relativi all’a.a. 2005-6), analoghi a quelli riscontrati per il 2003/4 nei corsi di laurea in scienze sociologiche di alcune università meridionali come Napoli, Lecce e Catania. Occorre quindi usare strategie volte a superare il gap culturale delle giovani leve universitarie e abbassare le percentuali di abbandono.
A livello specialistico, invece, con studenti ormai in sintonia con i metodi dell’area sociologica e con il contesto dell’Università, e più autonomi nello studio e nelle metodologie della ricerca e dell’apprendimento, l’esigenza è - come insieme alla Prof.ssa Arcangeli scriviamo1 - di “favorire un confronto attivo con i percorsi della ricerca, di produrre un apprendimento non astratto, ma  contestuale ed operativo di modelli, metodologie e strumenti”. In fase di sperimentazione del corso di Metodologia avanzata on line abbiamo “evidenziato la possibilità di costruire veri e propri laboratori virtuali. In essi, gli studenti guidati dai docenti titolari dell’insegnamento con la collaborazione di esperti nazionali ed internazionali, possono costruire e realizzare progetti di ricerca nel dettaglio delle singole fasi: dalla progettazione alla raccolta, all’analisi”.

Come si realizza, concretamente, l’insegnamento on line?
Ci sono diversi strumenti e approcci nella didattica. Sul sito ci sono vari materiali, divisi in unità didattiche, che lo studente può scaricare in ogni momento. In più ci sono dei file audio e video con interviste fatte anche ad altri docenti, perché pensiamo che la socializzazione alla comunità può avvenire anche aprendo ad altre università e ad esperti esterni, e affrontando argomenti storici, politici, sociali: una sorta di “metacompetenze” sulle quali si fonda la disciplina della Metodologia delle scienze sociali.
“Più in generale - spieghiamo nel documento la prof.ssa Arcangeli e io -, al centro della progettazione è stata posta l’idea di creare, attraverso la rete, un contesto sociale di apprendimento, di stabilire reti collaborative tra gli studenti, i docenti e la più ampia comunità scientifica e di porre lo studente al centro di questo contesto offrendo così sostegni e stimoli di vario genere al suo sforzo di crescita culturale e favorendo al tempo stesso la socializzazione disciplinare e la crescita di una identità professionale”.
Quanto agli specifici strumenti, nella schermata che appare allo studente sulla colonna di destra ci sono il lavoro da compiere, gli approfondimenti e le possibili espansioni del tema, l’indicazione delle ricerche in rete e i materiali scaricabili (brevi testi in pdf o spot di video conferenze su specifici argomenti). Sulla colonna di sinistra ci sono l’elenco delle risorse generali del corso, (glossario, syllabus, etc) e gli strumenti comunicativi a risposta differita (mail, forum) o immediata (chat, classe virtuale).
Per la classe virtuale è in uso “Horizon wimba”, molto utile per aiutare gli studenti a superare specifiche difficoltà. Attraverso il collegamento studenti-docente infatti, fatto in tempo reale e in orario particolare, c’è la possibilità di un confronto puntuale, individuale e collettivo, sui temi proposti; un confronto in cui si scambiano opinioni, si fanno interventi, si condividono file, che è  supportato dalla scrittura, dal dialogo e dalle immagini, migliorando così, tra l’altro, la capacità di espressione scritta. Una vera e propria classe virtuale.
Con l’e-learning abbiamo cercato non solo di responsabilizzare gli studenti, ma anche di dare loro dei ritmi di lavoro. Per cui, al termine di una unità didattica della durata, per esempio, di una settimana, si sono degli esercizi che lo studente fa, li manda al docente e li riceve corretti. Ci sono dei forum in cui gli studenti parlano fra di loro e dei forum in cui interviene il docente. Si crea così una comunità di scambio che molte volte è assente nell’insegnamento universitario tradizionale. 

Quali strumenti sono necessari per poter seguire un corso on line?
È indispensabile un computer e una connessione veloce ad internet. Naturalmente, vista la provenienza degli studenti, questo può essere un problema perché spesso i piccoli centri e le comunità montane o le aree rurali sono fuori del circuito di distribuzione del servizio adsl. Per superare questo digital divide cerchiamo allora di stringere accordi con biblioteche, centri culturali, comuni perché siano disponibili in quelle sedi gli strumenti e le tecnologie necessarie. Occorrono poi i normali pacchetti.
 
Quali sono stati i tempi per la messa a punto completa del corso on line di Metodologia delle scienze sociali?
Da quando è iniziata la realizzazione concreta sono trascorsi sei anni. Oltre a me e alla Prof.ssa Arcangeli vi hanno lavorato anche altre persone. Tutto ciò ha richiesto molto impegno. Non solo, abbiamo dovuto formare e reperire altre figure che vanno dal progettista, al designer del corso, all’e-tutor che affianca il docente. La responsabilità maggiore è del docente, che non solo ha il compito di reperire e di offrire i contenuti, ma anche quella di organizzare, ovviamente affiancato dal designer e dal progettista. La sperimentazione si è protratta per tre o quattro anni e sono state necessarie molte risorse economiche e, soprattutto, professionali. Una opportunità, perché l’e-learning può essere una occasione di sviluppo anche per figure professionali completamente nuove.
 
Come è nata l’idea?
La Prof.ssa Maria Rosaria D’Esposito, che è l’attuale presidente dell’area didattica, è sempre stata molto sensibile a questo tema, insieme ai colleghi Arcangeli, Platania, Moretti, Iorio, Merico e Giordano. Abbiamo ospitato per qualche anno la Prof.ssa Marilena Tammurello, del campus della California. Abbiamo anche avuto ospiti in vari seminari e a poco a poco ci siamo formati e abbiamo fatto nostra un’idea che siamo andati a realizzare. Insieme alle figure che, come dicevo, abbiamo formato, altri ricercatori si sono interessati, offrendo il loro contributo per far progredire e portare a termine il progetto

Come hanno accolto gli studenti questa novità e quali risultati sono stati ottenuti?
Gli studenti sono stati subito positivi. Abbiamo recuperato una parte di studenti drop out, quelli che avrebbero abbandonato, per esempio gli studenti lavoratori, tanto che nei corsi e-learning il tasso di abbandono è bassissimo, inferiore al 10%, e molto alti sono i tassi di superamento degli esami e quelli di gradimenti. Inoltre, negli anni, gli studenti hanno creato una vera e propria comunità di apprendimento, stabile nel tempo e tale da innescare comportamenti che li ha portati fino alla laurea attraversando diversi corsi. Non è il caso di scendere nei dettagli degli strumenti di misura usati, ma la valutazione sia degli studenti che del loro lavoro è molto positiva.

Quanti sono gli iscritti nello specifico corso di cui lei è docente?
Il corso di Metodologia delle scienze sociali, uno dei primi insegnamenti interamente on line a disposizione degli studenti già nell’a.a. 2004-05, in quattro anni è stato frequentato da 140 studenti.
Le classi variano ma non superano mai i 40 studenti perché poi la gestione del corso sarebbe troppo difficile: il lavoro è molto e faticoso, sia nell’interazione diretta, sia nel correggere i compiti, le esercitazioni, e nel leggere nei forum quello che scrivono.

Partecipando a convegni e confrontandovi con altre università cosa è che c’è in comune, e cosa ha di specifico l’università di Salerno?
Esiste un intero universo di offerte didattiche e-learning. L’università di Salerno, fra tutte, figura molto bene. Molti atenei si sono fermati ad un semplice deposito di materiali didattici on line, con poca interazione. Noi pensiamo che l’interazione tra studente e docente sia essenziale nella didattica e su questa abbiamo speso e spendiamo molta energia.
Quanto alle cose in comune, molti corsi sono liberi. Così sulla rete si va a vedere cosa fanno gli altri, si scambiano programmi e documenti, si approfondiscono metodi e strategie: una comunità virtuale di docenti e studenti il cui allargamento va a tutto vantaggio della formazione e della cultura.

Come, infine, riassumerebbe la didattica e-learning, e cosa ritiene che debba essere messo in evidenza?
Innanzi tutto vorrei dire che l’e-learning che si fa alle università è cosa molto diversa dalle università telematiche. Nella didattica e-learning continua cioè ad esistere l’interazione fra docente e studente. Inoltre neanche il libro è stato abbandonato. Sia il docente che il libro hanno ancora una funzione primaria, solo che cambiano i modi della interazione docente-studente e studenti fra loro. Anzi la ricerca è verso una sempre maggiore interazione fra tutti i componenti il processo formativo.
Ultimamente, grazie alle riforme del sistema universitario, si sono aperte varie università. Però, per fare un e-learning di qualità c’è bisogno di una università che fa ricerca e non solo didattica. Una università che fa solo didattica, perché non ha personale, non ha ricercatori, non ha risorse dedicate non è una università, è un liceo. Inoltre una università che fa ricerca si qualifica e si distingue dalle altre proprio per la ricerca che porta avanti. Le università pubbliche debbono investire nella ricerca per far vedere quali sono le differenze rispetto alle altre. E questo si può fare solo con la ricerca: se io faccio ricerca posso sviluppare anche forme di didattica diverse. È un concetto che ultimamente si è un po’ perso. Ma la ricerca separata dalla didattica, secondo me, è la morte dell’università.

1 “Insegnare metodologia delle scienze sociali on line. L’esperienza del corso di laurea in Sociologia dell’Università di Salerno”, Bianca Arcangeli e Paolo Diana, Dipartimento di sociologia e scienza della politica, Università degli Studi di Salerno.
Il testo completo su www.aismetodologia.net/Diana_Arcangeli.doc

 

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